Contratto secondo AAFM, intramoenia

Titolo VIII – Libera professione intramuraria

Artt. da 114 a 119
“Alla greppia della LPI, tutti sono chiamati a sfamarsi…”
L’autonomia intellettuale delle parti stipulanti non ha loro consentito di affermare – anche al cospetto degli attacchi via via più insistenti e mirati – che l’esercizio dell’attività libero professionale intramoenia è un diritto; infatti, il suo esercizio “è consentito” ma nei limiti, con le modalità, nell’entità tariffaria oggetto di definizione aziendale, eccetto i criteri generali per la definizione dell’”apposito atto” di cui all’art. 114 co. 1.
La riserva mentale datoriale si esplicita in alcune occasioni laddove l’attività in esame è, per un verso o per l’altro, confusa con o ricondotta all’attività istituzionale – ferma la doverosa riserva sul fatto che essa non possa (i) contrastare con le finalità e le attività istituzionali e (ii) sia organizzata in modo da garantire l’assolvimento integrale dei compiti di istituto e di assicurare la piena funzionalità dei servizi.
Ma detto questo e preso atto che rientrano nella “attività libero professionale intramuraria” (art. 115 co. 1 lett. d) e co. 2) le prestazioni richieste dall’Azienda per “ridurre le liste di attesa o acquisire prestazioni aggiuntive”, perché – anziché negoziare il compenso e le attività in sede locale – non si è sentita l’esigenza di espellere il limite di guardie notturne remunerabili con la tariffa predefinita di euro 480 per turno e il resto …. niente?
E’ un dato di fatto che la possibilità di esercitare la libera professione intramoenia con la modalità cd “allargata” non è più stata riproposta: e dunque, per la eventuale possibilità di esercizio del diritto con tale modalità, occorrerà riferirsi alla legislazione regionale ovvero farsene carico in sede di confronto regionale.
L’art. 116 ripropone, nella sostanza, il testo dell’art. 57 ccnl 8.6.00, compresa la previsione della costituzione del fondo di perequazione (co. 2 lett. i) di cui all’art. 5 co. 2 lett. e) DPCM 27.03.00 che destinava “una percentuale pari al 5% della massa dei proventi dell’attività libero-professionale” a favore delle discipline mediche e veterinarie – individuate in sede di contrattazione integrativa – che abbiano una limitata possibilità di esercizio della libera professione intramuraria: la unificazione dei fondi consentirà, da un lato, di aumentare la platea dei candidati alla fruizione del fondo perequativo con inevitabile contrazione del suo ammontare pro capite. Il tutto, sostanzialmente, con i (prioritari) proventi dell’attività libero professionale medica!
NB. L’art 5 co 2 lett e del DPCM in questione specifica alla fine del capoverso che analogo fondo è costituito per le restanti categorie diverse da quella medica e veterinaria.
Di più: ai sensi dell’art. 116 co. 3, in sede di contrattazione integrativa andranno definiti gli incentivi economici “da attribuire al personale dirigenziali degli altri ruoli professionale, tecnico ed amministrativo… che con la propria attività rende possibile l’organizzazione per l’esercizio dell’attività libero professionale intramoenia”: chi finanzia questa (ulteriore) partecipazione? E’ scontato: “le risorse derivanti dalla tariffa”.
Dunque, tutti beneficeranno dei proventi dell’attività libero professionale dei medici/veterinari!
Il Contratto, poi, non risolve due (altre) questioni per le quali era nelle sue corde intervenire per fare chiarezza:
a. Questione IRAP
b. Questione INAIL
Sulla prima, l’art. 117 co. 3 fa riferimento alla percentuale (95%) del compenso spettante al prestatore della consulenza senza specificare se si tratti di compenso lordo o netto, atteso che la giurisprudenza sembra ormai concordemente orientata a ritenere che l’IRAP per questo genere di attività gravi sull’Azienda e non sul prestatore della consulenza (Cass. Civ. ord. 26/06/2017, n. 15898).
Sulla seconda, l’art. 117 co. 4 fa rientrare nelle “altre attività a pagamento” la certificazione INAIL che, lungi dal poter essere “attribuite al dirigente avente diritto… con la retribuzione del mese successivo”, scontano inevitabilmente la concreta applicazione dell’art. 1 co. 526 e 527 L. 145/2018 secondo cui “INAIL, a decorrere dal 1° gennaio 2019, trasferisce annualmente al Fondo sanitario nazionale l’importo di euro 25.000.000” per le attività che il SSN svolge in vece dell’Istituto; quota parte di quell’importo “implementa, per il personale dipendente del Servizio sanitario regionale, direttamente i fondi di ciascuna azienda o ente per la contrattazione decentrata integrativa”.
Quindi, attenti alle risorse già destinate dalle regioni a ciascuna azienda che non finiscano tutte nelle tasche di altri …ma magari mi sbaglio!!!
In soldoni: laddove i proventi sono funzionali a liquidare le pretese altrui, essi sono immediatamente trattenuti; laddove invece è richiesta subito la prestazione a favore di Inail, il compenso perverrà al termine dell’insidiosa gimkana sopra descritta.
Le attività non rientranti nella libera professione intramoenia sono elencate e regolamentate dall’art. 119: la novità, peraltro declinata in termini imprecisi, è quella di cui alla lett. h): attività professionale resa in qualità di ctu presso i tribunali.
Dal punto di vista tecnico, i ctu sono i consulenti del Giudice nel processo civile; la dizione utilizzata consente anche di ricondurvi i consulenti tecnici del PM e i periti che operano su incarico del Giudice penale?
Dal punto di vista ordinamentale, sembra perfino ridicolo prevedere che l’esercizio di quell’ufficio debba essere soggetto all’autorizzazione dell’Azienda e può essere svolto a patto che non sussistano incompatibilità con l’attività e gli impegni istituzionali: auspicabilmente, il dirigente medico incaricato sarà in grado di valutare le possibili situazioni di incompatibilità alla luce delle disposizioni codicistiche e della propria deontologia?
Infine, qualora le attività di cui all’art. 119 debbano essere svolte per ragioni istituzionali (poiché connesse con l’incarico conferito), esse non danno luogo a compenso ma se ne “dovrà tenere conto” nella determinazione della retribuzione di posizione o di risultato.

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